Intervista a Matteo Renzi, di Francesco Bei,
la Stampa - il Secolo XIX, 13 novembre 2019
Senatore Renzi, venerdì a Torino,
alla prima iniziativa nazionale di Italia Viva, annuncerà «misure choc» per
l'economia. La legge di Bilancio è insufficiente?
«La Legge di Bilancio ha evitato
l'aumento dell'Iva. E dunque è un passo in avanti. Considero poi positive le
misure su sanità e famiglia. Ancora c'è da lavorare per evitare qualche
microbalzello che sembra più una impuntatura ideologica che non una reale
necessità. Ma il punto è che non basta. Come sanno gli economisti, le
previsioni segnano burrasca in arrivo. E dobbiamo essere capaci di rilanciare
subito».
Dove trovare i soldi? Gualtieri ha
già fatto i salti mortali per evitare l'aumento dell'Iva...
«Può sembrarle un paradosso ma per
questo piano choc l'Italia non ha un problema di soldi. Nei prossimi anni ci
saranno enormi flussi finanziari per investimenti e infrastrutture, a maggior
ragione in tempi come questo di rendimento negativo. Per la parte pubblica i
soldi sono già stanziati e anche la disponibilità finanziaria privata non
manca. Il problema è sempre quello: i progetti non partono, sono bloccati.
Abbiamo lavorato duro e abbiamo predisposto un piano più ambizioso di quello
tedesco: 120 miliardi nel prossimo triennio. Dissesto idrogeologico, edilizia
scolastica, energia, treni, strade, porti, aeroporti, piano casa, periferie:
sblocchiamo tutto. Semplifichiamo le regole in via straordinaria, con il
controllo dell'Anac come abbiamo fatto per l'Expo a Milano. Questo serve
all'Italia, non la tassa sulle auto aziendali».
Nel Paese delle 4 mafie non è un
grosso azzardo procedere saltando le regole ordinarie?
«Non propongo di saltare le regole,
ma solo per questo piano choc di seguire regole più semplici. Siamo in
emergenza. E i danni si misureranno in crisi aziendali, in posti di lavoro, in
fuga dei capitali. Siamo ancora in tempo per intervenire, ma va fatto subito,
nei primi mesi del 2020. Dopo sarà troppo tardi. La nostra storia di governo
dimostra che si può fare un ottimo codice degli appalti, ma anche correre in
corsia preferenziale come abbiamo fatto a Milano per l'Expo e a Pompei per gli
scavi. Attraverso il brillante lavoro dell'allora commissario Nistri, oggi
Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, e del sovrintendente Osanna,
adesso Pompei fa notizia per il flusso di visitatori mentre prima faceva
notizia per i crolli. Quando c'è la pax burocratica gli italiani sono bravi a
fare le cose: guardate come è andata con il ponte di Genova»
I grillini hanno fatto le barricate
contro lo Sblocca Italia, come pensa di convincerli?
«Non li devo convincere. Per la
ricostruzione del Ponte Morandi anche loro hanno operato con procedure
straordinarie. E poi mi piacerebbe che sul progetto choc per il Paese ci
ritrovassimo tutti uniti, maggioranza e opposizione».
Lei propone un piano triennale mentre
il governo sembra già arrivato a fine corsa...
«Un grande progetto di rilancio
infrastrutturale può essere un elemento unificante per il governo e può
incontrare anche il sostegno dell'opposizione. Perché questo è l'unico modo per
evitare la recessione. Voglio vedere chi ha il coraggio di opporsi...».
Nel frattempo però Ilva è diventata
il simbolo di un Paese bloccato da poteri in conflitto tra loro: magistratura,
governo, partiti. C'è un modo per uscirne o è troppo tardi?
«Se credi nella politica c'è sempre
un modo per uscirne. Quando cinque anni fa con Andrea Guerra, Federica Guidi,
Teresa Bellanova abbiamo iniziato i nostri viaggi a Taranto, quella città
sembrava morta. Nessuno credeva alla bonifica e al salvataggio di Ilva,
figuriamoci al resto. Adesso le bonifiche sono iniziate, il quartiere Tamburi
vede gli investimenti sulle scuole, il Museo MARTA è stato rilanciato, sul
porto si fa sul serio. Abbiamo fatto queste scelte prendendoci gli insulti e
sentendoci dire che ammazzavamo i bambini appena entravamo in prefettura. E mi
lasci dire: nel silenzio della classe dirigente di questo Paese che si è
svegliata tutta insieme, solo nelle ultime ore. Il signor Mittal è stato scelto
in una gara del 2017: io dissi allora ciò che ripeto oggi. Non può pensare di
prendersi il portafoglio clienti, chiudere un sito potenzialmente concorrente e
andarsene. Perché la questione non è lo scudo penale oggi, la questione è
perché Mittal è venuto a Taranto. Se davvero è in buona fede, una soluzione si
trova».
Voi però con gli emendamenti sullo
scudo penale sembrate intralciare il lavoro di Conte. Se la destra votasse il
vostro emendamento il governo potrebbe cadere. E questo che volete?
«Al contrario: noi vogliamo togliere
gli alibi. A tutti. Non parlerei di scudo penale ma di un principio semplice:
chi inquina, deve pagare. Chi bonifica, deve essere aiutato. E questo non può
valere solo per Taranto ma per tutte le città, da Piombino a Gela. L'immunità
c'era, è stata cancellata dal Conte-Salvini. Se devo star dietro alle polemiche
è un disastro: nei primi giorni siamo stati accusati di non aver rimesso
l'immunità al Senato. Poi di volerla rimettere. Qualsiasi cosa facciamo c'è chi
si diverte ad attaccare Italia Viva. Evidentemente hanno paura di noi».
È come se i partiti di maggioranza
avessero smarrito la ragion d'essere del governo. Il suo ex partito vi accusa
di concordare una linea nei vertici e poi smentirla subito dopo.
«Ma dai, per favore! Io mi batto da
sempre per evitare che aumentino le tasse. E il Pd lo sa benissimo, non c'è
bisogno di un vertice per capirlo. Ci sono i partiti NoTav, che io non
apprezzo. E ci sono i partiti NoTax, come Italia Viva. Quanto al nervosismo di
alcuni ex colleghi di partito è comprensibile: noi abbiamo un obiettivo che è
quello di fare ai dem ciò che Macron ha fatto ai socialisti. Assorbirne il
consenso per allargare al centro e alla destra moderata. Il disegno è
dichiarato. E io penso che nei prossimi tre anni si realizzerà. Ovvio che i dem
ci attacchino. Trovo tuttavia che sarebbe più produttivo se attaccassero
Salvini anziché attaccare me. Questo vizio di colpire il Matteo sbagliato non è
stato positivo in passato».
Il premier vuole organizzare un
conclave per fare squadra. Lei ci andrà o manda Bellanova?
«Non ho ricevuto alcun invito. E
peraltro ho preso l'impegno con i Cinque Stelle che non avrei partecipato ad
alcun tavolo: loro hanno detto pubblicamente "faremo un governo purché
Renzi non partecipi alle riunioni". E io volentieri assecondo questa
richiesta. Dunque se ci sarà un ritiro per fare squadra non ci sarò io ma
Italia Viva ovviamente sì. Pronti a dire la nostra, pronti a dare una mano».
Con Conte ha recuperato un rapporto?
Vi sentite mai?
«Ci siamo sentiti lo scorso
settembre, sull'Iva, quando il premier è stato così cortese da volermi spiegare
la sua idea sull'aumento delle aliquote. Gli ho illustrato la mia contrarietà.
E vedendo come sono andate le cose dico che Conte si è comportato bene,
cambiando idea e aiutandoci a evitare l'aumento dell'Iva. Non ho alcun problema
con lui, anzi mi auguro che faccia bene. Perché se fa bene lui, stiamo meglio
tutti».
Giorgetti propone un patto per
approvare insieme qualche riforma di sistema, a cominciare dalla legge
elettorale. Lei sarebbe favorevole a un patto con Salvini?
«Sì. Le regole si scrivono insieme,
sempre. Non so quale sia la legge migliore. Sono pronto al maggioritario,
meglio se con ballottaggio ma in quel caso dovremmo tornare al monocameralismo.
Sono pronto al sistema tedesco con sbarramento al 5%. L'unica proposta di legge
che mi sembra assurda è quella di chi chiede il sistema spagnolo. Ormai Madrid
è il modello di come le cose non funzionino, chiedere lo spagnolo oggi sembra
quasi una barzelletta. Su tutto il resto ci siamo. E se Salvini è della partita
è un'ottima notizia per lui, per noi e per le istituzioni».
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